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«L’abbraccio di Vienna, Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere»: chiude col record.

26/07/2008 12765 lettori
5 minuti

Un notevole successo: ventiduemilatrecentotrenta comaschi hanno visitato la quinta grande rassegna lariana «L’abbraccio di Vienna, Klimt, Schiele e i capolavori del Belvedere». Una manifestazione che ha visto affluire circa ottantatremila visitatori di cui, oltre i residenti comaschi:il venti percento stranieri, quasi il cinquantadue percento venuti dalle regioni limitrofe ed un migliaio dalle isole. Dati interessanti che soddisfano gli organizzatori e danno merito all’impegno dei curatori, in particolare dell’assessore alla cultura che con l’esperienza del suo assessorato ha cercato di rispettare tutte le istanze concernenti la complessità dell’organizzazione e la cura diretta del progetto.

Una modalità operativa estremamente interessante, gestita in prima persona, e in virtù della pratica acquisita ne sono potuti conseguire notevoli facilitazioni logistici e significativi vantaggi economici. Encomiabile la determinazione dell’Assessore Sergio Gaddi, puntiglioso sostenitore di un concetto innovativo: «l’economia si lega all’arte, facendo nascere nuove materie di studio che assumono rilevanza accademica, come l’economia della cultura. L’accresciuta rilevanza dell’aspetto economico della programmazione culturale è un fatto relativamente nuovo. In passato, viceversa, la politica culturale era circoscritta a pochi attori, fondamentalmente lo Stato, con l’ottica prevalente, se non addirittura esclusiva di protezione e tutela del bene».

La consapevolezza della «cultura come principale fattore di sviluppo dell’economia urbana», ci fa sostenitori della scelta strategica dell’amministrazione «nell’ottica di trasformazione della città in laboratorio artistico permanente». In questo contesto è persuasiva «l’idea di città intesa come bene culturale in se stessa e non come insieme di beni singoli». Dato il «fenomeno culturale complesso» pare opportuno tenere conto di un distinguo: separare la prerogativa del godimento dell’opera d’arte, in quanto esperienza estetica privilegiata al fine conoscitore o ad una ristretta cerchia di pochi fortunati, e salvaguardare il soddisfacimento dei bisogni concernenti i cittadini. Per altro verso, nella logica di marketing, considerare le ragioni e «l’importanza dei grandi eventi come leva di sviluppo e di trasformazione dell’identità urbana», nonché il bisogno dell’intraprendente per raggiungere l’obiettivo.

Intanto possiamo rilevare dalla stampa la grande soddisfazione dell'assessore alla Cultura di Como: «Una conferma che chi è arrivato a Como lo ha fatto con consapevolezza e convinto di visitare non solo la mostra ma anche la città come emerge dai risultati delle prime interviste a cura dell'università Iulm che sta curando una ricerca sull'indotto. Le grandi mostre sono sicura fonte di ricchezza e i dati lo dimostrano. Villa Olmo è nel circuito delle grandi mostre nazionali e potrebbe diventare come il Guggenheim». Giustificato l’entusiasmo, confermato il plauso, ci si può associare all’auspicio sul futuro di villa Olmo «piccolo museo sul Lago di Como», ma per coerenza intellettuale non ci si può esimere dall’interesse verso quel ventisette percento di residenti comaschi che hanno visitato la mostra a villa Olmo, i quali e non i soli, restano lontano dall’essere attratti dagli altri centri culturali della città.  Vero è che l’interazione con la comunità pare essere sempre più complessa: accelerati cambiamenti, tecnologie disponibili, incapacità reciproca di scambievolezza, determinano il problema di come governare il rinnovamento. Una complicazione che incide sia sulla nostra vita lavorativa, sia sulla società nel suo insieme. Creare nuovi modi di fare e fruire l’arte, proporre soluzioni innovative, interazione ed informazioni sempre aggiornate fin dalla fase di studio di ogni iniziativa culturale, certamente è coinvolgente.

 
Riferimenti:

Rassegne artistiche di rango, organizzate dal Comune di Como.

Iperbole o misura? Esuberanza o proporzionalità?.

Salvatore Pipero
Salvatore Pipero

Un processo formativo non casuale, veniva accompagnato dalla strada, quasi unico indirizzo per quei tempi dell’immediato dopo guerra; era la strada adibita ai giochi, che diventava con il formarsi, anche contributo e stimolo alla crescita: “Farai strada nella vita”, era solito sentir dire ad ogni buona azione completata.  Era l’inizio degli anni cinquanta del ‘900, finita la terza media a tredici anni lasciavo la Sicilia per il “continente”: lascio la strada per l’”autostrada” percorrendola a tappe fino ai ventitre anni. Alterne venture mi portano al primo impiego in una Compagnie Italiane di Montaggi Industriali.



Autodidatta, in mancanza di studi regolari cerco di ampliare la cultura necessaria: “Farai strada nella vita” mi riecheggia alle orecchie, mentre alle buone azioni si aggiungono le “buone pratiche”.  Nello svolgimento della gestione di cantieri, prevalentemente con una delle più importanti Compagnie Italiane di Montaggi Industriali, ho potuto valutare accuratamente l’importanza di valorizzare ed organizzare il patrimonio di conoscenze ed esperienze, cioè il valore del capitale intellettuale dell’azienda.



Una conduzione con cura di tutte le fasi di pianificazione, controllo ed esecuzione in cantiere, richiede particolare importanza al rispetto delle normative vigenti in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla corretta esecuzione delle opere seguendo le normative del caso. L’opportunità di aver potuto operare per committenti prestigiosi a livello mondiale nel campo della siderurgia dell’energia e della petrolchimica ha consentito la sintesi del miglior sviluppo tecnico/operativo. Il sapere di “milioni di intelligenze umane” è sempre al lavoro, si smaterializza passando dal testo stampato alla rete, si amplifica per la sua caratteristica di editabilità, si distribuisce di computer in computer attraverso le fibre.



Trovo tutto sommato interessante ed in un certo qual modo distensivo adoprarmi e, per quanto possibile, essere tra coloro i quali mostrano ottimismo nel sostenere che impareremo a costruire una conoscenza nuova, non totalitaria, dove la libertà di navigazione, di scrittura, di lettura e di selezione dell’individuo o del piccolo gruppo sarà fondamenta della conoscenza, dove per creare un nostro punto di vista, un nostro sapere, avremo bisogno inevitabilmente della conoscenza dell’altro, dove il singolo sarà liberamente e consapevolmente parte di un tutto.